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“Niente di Vero” di Veronica Raimo. L’autobiografia ai tempi dei social.
Anche se mancano ancora dei mesi alla fine del 2022, sono certa che questo “Niente di vero” di Veronica Raimo si confermerà senza ombra di dubbio il libro più inutile dell’anno.
Inutile perché la trama (parolona) si sviluppa sulla quotidianità pressoché fisiologica della protagonista - mangiare - dormire - cacca - sesso - raccontata in scala 1:1.
Inutile perché si tratta di una evidente autobiografia - numerose le analogie, a cominciare dal nome, tra la protagonista del romanzo (parolona) e l’autrice - eppure la Raimo sin dal titolo ci tiene a dire che no, non è la sua storia vera, è romanzata. Quindi si perde del tempo prezioso a chiedersi: ma se questa vita che racconti è romanzata, allora non potevi sforzarti di inventare fatti avvincenti piuttosto che descrivere aneddoti insignificanti come quelli in cui si smarriscono i logorroici?
L' opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità
Tu, donna, sei la porta del diavolo. (Tertulliano)
Le nostre vite sono un macello. Dico davvero; un disastro.
Leggendo “Il mondo sfolgorante”, il più bel libro di Siri Hustvedt, mi è venuta in mente una performance della brillante artista Lella Costa cui ho assistito una volta. Tenne un monologo sulla sua vita che includeva alcuni ricordi, delusioni, le canzoni dei Pooh, momenti felici e preoccupazioni su questioni nodali del suo appartenere in maniera contorta al genere femminile.
Sul palcoscenico, c’era un piano di lavoro di cucina dietro il quale l’artista raccontava di sé. A ogni argomento/soggetto del racconto aggiungeva ingredienti in una pentola raccogliendoli tutti finché non traboccò. Alla fine, se la versò su se stessa cosicché i suoi vestiti, i capelli e il viso furono completamente sporchi e una nuvola farinosa le fluttuò intorno alla testa. Si guardò intorno e rivolgendosi al pubblico proclamò solenne: "Che casino!" Lo spettacolo era comico, ma dal modo in cui pronunciò il monologo, si è capì che tutto il suo essere era tragicamente una catastrofe.
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Tradurre Murakami. Intervista a Antonietta Pastore
Una delle riviste letterarie più autorevoli del nostro paese ha intervistato Antonietta Pastore traduttrice del grande autore più volte candidato al Nobel. L'occasione è data per la lectio magistralis dell’autore giapponese ad Alba, quando gli è stato conferito premio La Quercia – Lattes Grinzane 2019.Ne anticipiamo ampi stralci ma l'intera intervista è visibile al link in coda all'articolo.
Peter Handke.Canto alla durata
"Canto alla durata" di Peter Handke: archi del tempo e senso del luogo, nel nostro monotono sublime.
di Alberto Cellotto
Curioso destino quello di Gedicht an die Dauer di Peter Handke, uscito per Suhrkamp nel 1986 e proposto già nel 1988 da Braitan, editore di Brazzano (Gorizia). Nel 1995 il libro fu collocato da Einaudi in una collana non segnatamente poetica, sulla scia di un interesse cresciuto per la produzione dello scrittore austriaco, con in copertina la "Linea Infinita" di Piero Manzoni (accostamento visivo facile ma fallace, dirò perché secondo me). A trent'anni dalla sua apparizione quel poemetto è proposto all'interno della aniconica e candida "Collezione di poesia" (1) meglio conosciuta come "Bianca" (con testo a fronte, pp. 72, euro 10, traduzione e postfazione di quell'Hans Kitzmüller che pubblicò per Bollati Boringhieri Peter Handke. Da «Insulti al pubblico» a «Giustizia per la Serbia»).
Più umano dell'umano.
Lo dico subito e senza troppo girarci attorno: un altro grandissimo libro di Ian McEwan che non deve mancare sugli scaffali di casa (in corso di traduzione con il titolo "Macchine come me" a breve disponibile in libreria per Einaudi). McEwan ha avvertito che questo non è un romanzo di fantascienza; a giusta ragione, aggiungo, perchè la distopia visionaria del racconto, che già ambisce al classico, lo mette al pari dei grandi romanzi che hanno saputo guardare avanti come: Zero K di De Lillo, il bellissimo l’Uomo bicentenario di Asimov e Gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip Dick o, ancora, L'amore al tempo dei morti di Silverberg.
La scrittura testimone del mondo. Il clima secondo Jonathan Franzen
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Solo dieci anni fa, Jonathan Franzen con David Foster Wallace e Jeffrey Eugenides erano considerati semplicemente un gruppo di romanzieri americani verso la mezza età. Nel diluvio di elogi, ricordi e apprezzamenti che seguirono al suicidio di David Foster Wallace, si manifestò rapidamente una nuova consapevolezza: quella, cioè, che Wallace e i suoi pari, costituivano la generazione letteraria americana dell’era di internet al pari di quella dei Bellow, Updike e Roth che aveva testimoniato la letteratura a stelle e strisce nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.
Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro: una favola per adulti che celebra ciò che conta nella vita.
Il camion con la scritta BASKO stava viaggiando sul viadotto quando il ponte si è spezzato. L’asfalto è precipitato nel vuoto e il conducente si è fermato sull’orlo di un baratro. Per giorni, i nostri occhi sono rimasti incollati a quel camion fermo definito “sospeso”. Aprendo il dizionario ho scoperto che sospendere significa “appendere un corpo in maniera che penda, impossibilitato a cadere a terra”, ma anche “arrestare, non portare a compimento”. Di qui la “suspense”: cioè uno “stato di attesa, ansia, incertezza e mancato compimento dell’azione”. Nel frattempo, il camion era diventato un “simbolo”. Un simbolo, diceva il dizionario, è “qualunque tipo, emblema o rappresentazione di oggetti morali tramite immagini o proprietà naturali. È qualsiasi elemento atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla”. Forse un’anima collettiva era rimasta bloccata sul viadotto e rendeva il camion un oggetto morale? Una storia, mi sono chiesta, può essere considerata un oggetto morale?
La storia dimenticata: Resto qui di Marco Balzano
Mentre gli echi del Premio Strega 2019 si fanno già sentire in vista della sfida a due, l’esito finale potrebbe essere meno scontato del previsto. La presenza tra i 12 semifinalisti di Antonio Scurati, autore di M. Il figlio del secolo (Bompiani), rende meno semplici i consueti pronostici degli addetti ai livori.In ogni caso, Missiroli (che con l’atteso Fedeltà ha diviso la critica ma è stato premiato dai lettori) e Scurati (a sua volta autore di un discusso bestseller, che vede protagonista la figura di Benito Mussolini) dovrebbero giocarsi la vittoria, e sono quindi praticamente certi di un posto in cinquina. Restano due dubbi: in quale misura l’autore di Fedeltà verrà penalizzato dall’etichetta di “favoritissimo”? Vi terremo informati, nel frattempo vi riproponiamo la recensione di Carla sul libro vincitore della scorda stagione. Un grande libro davvero. ndr.
Ciò che si impara a scuola sulla storia del '900 è una goccia nel mare. Nel secolo scorso si sono concentrate tali e tante vicende che approfondirle tutte come meritano richiederebbe un programma di studio vastissimo e molte più ore di lezione di storia soprattutto alle superiori. Ma la storia è "pericolosa" perché apre gli occhi alle persone e ogni tanto sbuca persino il politico di turno che vorrebbe abolire le ore di storia perché considerata una "materia morta". Cosa c'entra questa premessa con Resto qui di Marco Balzano? C'entra perché il suo ottimo romanzo racconta alcune delle vicende che non si imparano sui banchi di scuola, la storia della gente altoatesina tra le due guerre mondiali e dopo. Lo fa attraverso la storia di Trina, maestra di Curon, e della sua famiglia. Vi intreccia anche le vicende del lago di Resia, un bacino artificiale riempito nel secondo dopoguerra allagando i paesi di Resia e Curon.
L'orrore immutato del tempo
La recente lettura del libro "Nel guscio" di Ian McEwan mi ha spinto ad una rinnovata, e a tratti inedita, lettura di un altro romanzo dello stesso autore: Bambini nel tempo. Lo lessi in un'estate calda di quasi trent'anni fa, nel microscopico appartamento che mi vide di nuovo single dopo una separazione dolorosissima.
Il libro comincia con la discesa di un padre all'inferno. Il protagonista è un affermato autore di libri per ragazzi che si sveglia un sabato mattina d’inverno nella sua casa in un quartiere a sud di Londra e va al supermercato dall'altra parte della strada portando con sé la bambina di tre anni. E' un giorno come gli altri e la città è come sempre rabbuiata dalla nebbia in quelle ore prima che il giorno si riveli, prima che un sabato mattina diventi quel sabato mattina.
C'è del marcio in Danimarca
Come accaduto altre volte, io e il mio amico Marco Crestani, prima l'uno, poi l'altro, finiamo con lo scrivere dello stesso autore e dello stesso libro. Accade solo per Ian McEwan, la cui passione condivisa è cosa ben nota ai lettori di BookAvenue. Fin dall'inizio di questo libro bi-recensito, si sente il McEwan in modalità thriller: il più intrigante per me e le molte decine di migliaia di fan, cresciuti e no, del grande scrittore inglese.
Come sempre McEwan costruisce i suoi plot narrativi attingendo a piene mani nel suo straordinario talento. La faccio breve: "Nel guscio", il suo ultimo romanzo, fa il verso all'Amleto di Shakespeare, dove l'infedeltà delittuosa di Trudy e suo cognato Claude nei confronti di John suo marito, non è osservata da un anonimo testimone oculare ma da... un feto di nove mesi, a due settimane dalla sua nascita.